La nuova regolamentazione della prestazione energetica

La nuova regolamentazione della prestazione energetica

I decreti attuativi della Legge 90/13 ed il quadro normativo su cui si basano: pregi e difetti della regolamentazione in arrivo.

Nell’ultimo anno la scena è stata occupata soprattutto dall’applicazione dell’art. 9 del D.Lgs. 102/14.

Se ne è parlato tanto, ma la maggior parte dei condomini deve ancora adeguarsi. Nel frattempo, quasi in sordina, sta per cambiare completamente la legislazione sulla prestazione energetica degli edifici.

In recepimento della “nuova” Direttiva 2010/31/UE, la Legge 90/13 ha annunciato un cambiamento che sta per concretizzarsi con la pubblicazione imminente dei suoi decreti attuativi che, in linea teorica,  dovrebbero entrare in vigore prima delle vacanze estive.

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I cambiamenti previsti riguardano:

  • i requisiti di prestazione energetica per edifici nuovi ed esistenti;
  • le linee guida per la certificazione energetica degli edifici;
  • il modello di relazione tecnica per la dimostrazione del soddisfacimento dei requisiti di legge.

Non sono invece previsti a breve, cambiamenti significativi delle norme di calcolo della prestazione energetica, cioè le norme UNI/TS 11300:

  • le parti 1 e 2 sono state riviste da poco, con qualche integrazione e precisazione, nulla di sconvolgente;
  • la parte 3 è in revisione da un paio d’anni, in quanto inapplicabile, ma il gruppo di lavoro non dà segni di attività frenetica (forse arriveranno prima le corrispondenti norme EN, si veda più avanti);
  • la parte 4 sarà oggetto di una revisione minore, soprattutto per coordinarla con la nuova parte 5 in dirittura di arrivo;
  • la nuova parte 5, in elaborazione, non fa altro che formalizzare alcuni concetti sulla conversione in energia primaria, che finora sono stati enunciati in gran parte per sottintesi;
  • la futura parte 6, su ascensori e trasporto persone, molto semplice, inserirà un servizio aggiuntivo.

La situazione delle norme di calcolo è quindi stabile. Una ventata di rinnovamento potrebbe arrivare con le nuove norme del pacchetto EPBD che stanno arrivando comunque alla pubblicazione. In questo pacchetto spiccano: un metodo orario per il calcolo dei fabbisogni (l’evoluzione naturale della norma UNI EN ISO 13790) ed una parte relativa alla ventilazione e climatizzazione estiva, completamente rinnovata.

Sono proprio le novità di cui abbiamo bisogno nel contesto italiano e la Legge 90/13 stessa ne fa cenno, quando individua la validità delle norme UNI-TS 11300 come transitorie, in attesa, appunto, delle nuove norme del pacchetto EPBD. Ma questa sarà la storia del tardo 2016 ed inizio 2017. Nulla di realmente nuovo quindi in ambito norme di calcolo.

Torniamo però alla legislazione. Nel box sotto riportato, è riassunta la storia della legislazione italiana in merito alla prestazione energetica degli edifici. Tutto quello che è stato fatto finora, in 25 anni a partire dalla Legge 10/91, si può riassumere così:

  • se costruite un edificio nuovo, fate in modo che consumi poca energia per riscaldamento e state attenti alle schermature estive;
  • se cambiate il generatore di calore di un impianto esistente, verificate il rendimento globale (se manca, installate una caldaia a condensazione e la termoregolazione), salvo eccezioni sciagurate (canne collettive ramificate);
  • se modificate una struttura esterna, coibentatela.

 

P2048 MM Socal box normativo

Dimenticate per un attimo tutto il resto, cos’è cambiato nell’approccio in tutti questi anni? Ben poco.

In merito alla legislazione vigente si possono fare due constatazioni: la prima è che il limite di legge per la prestazione energetica, fissato in funzione del rapporto S/V e del clima della località ove si trova l’edificio, funziona abbastanza bene e porta a requisiti sensati per il settore residenziale; la seconda è che presenta dei limiti che devono essere superati:

  • mancano i requisiti di prestazione energetica per gli impianti dell’acqua calda sanitaria, di ventilazione e di climatizzazione estiva, laddove la direttiva prevede che vi siano limiti per tutti i servizi considerati;
  • i requisiti di prestazione energetica non sono applicabili agli edifici del terziario, dove riscaldamento ed acqua calda sanitaria hanno un ruolo minore;
  • la richiesta di una quota di energia rinnovabile fissa, molto elevata per i nuovi edifici, indipendente dalla categoria di edificio e dalle condizioni climatiche, è velleitaria.

La soluzione, che è stata a lungo meditata ed ora dovrebbe vedere la luce, è quella del modello di riferimento.

L’idea, che sembra alla base di questo modello, è che si vuole a tutti i costi esprimere un limite alla prestazione energetica globale.

Nell’imporre un limite di legge, occorre trovare un equilibrio fra requisiti eccessivi (che genererebbero solo carte false) e requisiti troppo blandi, che non avrebbero effetto.

Individuare un limite di legge per l’energia primaria per riscaldamento, riferito al rapporto S/V ed ai gradi giorno, è sufficiente per il riscaldamento nel settore residenziale, ma è carente per il settore terziario e per altri servizi. In termini tecnici, nell’imporre un limite di legge occorre “neutralizzare” i fatti contingenti, quali condizioni climatiche e di utilizzo, che determinano la prestazione, raggiungibile con un edificio ben fatto.

Il modello dell’edificio di riferimento risponde a questa esigenza: i limiti di legge non vengono stabiliti in assoluto in funzione di alcuni fattori, ma vengono costruiti “su misura” per l’edificio regolamentato.

Per fare questo, si effettua un calcolo parallelo su un “edificio di riferimento”, uguale a quello reale e sottoposto alle stesse condizioni di clima ed utilizzo, ma dotato di strutture edili e di impianti con caratteristiche predefinite, ritenute efficaci sotto il profilo dei costi.

Le prestazioni ottenute con l’edificio di riferimento, rappresentano il limite per l’edificio specifico (vedi figura sotto riportata).

P2048 MM Socal figura edif. riferimento

Ai fini della determinazione della prestazione energetica limite di legge e della definizione delle classi energetiche sono state definite le caratteristiche di seguito descritte.

Dal punto di vista dell’involucro, l’edificio di riferimento è dotato di trasmittanze prefissate i cui valori sono comprensivi dell’effetto dei ponti termici e si differenziano per zona climatica di appartenenza dell’edificio reale e per tipologia di struttura (muri, pavimenti, soffitti e componenti finestrati).

I valori sono organizzati secondo due fasi di applicazione: la seconda fase, più restrittiva, si applica a partire dal 2021 (2019 per gli edifici pubblici).

Un’ulteriore precisazione in merito all’involucro dell’edificio di riferimento, riguarda il calcolo degli apporti solari attraverso i vetri, per i quali si deve assumere un fattore solare, comprensivo di schermature, pari a 0,35.

Mentre l’involucro ha un’unica caratterizzazione che viene adottata, sia per l’individuazione dei requisiti minimi, sia per la determinazione della classe energetica, nell’edificio di riferimento l’impianto assume due configurazioni differenti a seconda dei due scopi.

Ai fini della definizione dei requisiti minimi si assumono valori di rendimento tabellati, differenziati in base al tipo di tecnologia installata nell’edificio reale: se ad esempio nell’edificio reale è stata utilizzata una pompa di calore di tipo elettrico, anche l’edificio di riferimento sarà calcolato con un rendimento prefissato, commisurato a questo tipo di tecnologia.

Se, inoltre, nell’edificio reale sono state utilizzate tecnologie che sfruttano l’energia solare (solare termico e fotovoltaico), le medesime tecnologie saranno considerate presenti anche nell’edificio di riferimento, ma anche in questo caso con valori di efficienza predefiniti.

Ai fini della determinazione della classe energetica, nel calcolo dell’edificio di riferimento si considerano degli impianti standard, ossia, a prescindere dalle scelte adottate per l’edificio reale, viene sempre adottato per ciascun servizio il medesimo valore di rendimento (generatore a combustibile gassoso per riscaldamento e acqua calda sanitaria, macchina frigorifera a compressione di vapore elettrico per il raffrescamento) e non viene considerata la presenza di tecnologie che sfruttano l’energia solare.

La differenziazione degli impianti di riferimento in base allo scopo, è motivata dal fatto che, nel caso della definizione della classe energetica, si tende a premiare chi ha adottato le tecnologie più efficienti; nel caso della definizione del requisito minimo di legge (valido per edifici nuovi e per ristrutturazioni importanti) il confronto con un impianto affine a quello dell’edificio reale consente di garantire, per una determinata tecnologia (la cui scelta è del professionista), il rispetto di limiti più performanti.

Il calcolo dell’edificio di riferimento, rappresenta indubbiamente la principale novità dei due decreti, tuttavia non scompaiono altre ulteriori verifiche parziali ed alcuni indicatori secondari.

Il nuovo modello dell’Attestato di Prestazione Energetica, in particolare, nell’intento di fornire il maggior numero di informazioni all’utente finale, comprende ulteriori parametri rappresentativi dell’edificio la cui bontà viene espressa attraverso delle faccine.

La nuova serie di verifiche dei requisiti minimi e la nuova procedura di classificazione, sono quindi senza dubbio più elaborate delle precedenti. Complessivamente, si tratta sicuramente di un passo avanti. Ci sarà qualche difficoltà iniziale, in particolare nella scelta corretta delle caratteristiche di riferimento, ma non sembra possibile altra strada.

Come commento finale, due osservazioni. Ci saremmo aspettati lo stesso approccio anche per la quota rinnovabile. Risulta invece che il limite sia confermato ed anzi la dimostrazione del suo rispetto entra nel modello di relazione tecnica.

Sappiamo tutti che, in molti casi, soddisfare il requisito di copertura del fabbisogno totale, anche solo del 25%, con fonti rinnovabili, è molto difficile nel terziario. Figuriamoci il 50%.

Il modello dell’edificio di riferimento si può riassumere così: un edificio nuovo deve essere fatto complessivamente “un po’ meglio” di un edificio “fatto bene”, ossia gli elementi costitutivi devono rispondere alle caratteristiche di riferimento (quindi ben isolato, buon rendimento degli impianti, ecc.) … ma non bastava dire “fate bene” un nuovo edificio?

Pubblicato il: 30/06/2015
Autore: M. Michelutti, L. Socal