Il decreto energie rinnovabili e l’energia primaria

Il decreto energie rinnovabili e l’energia primaria

Un tentativo di far luce in tanta confusione


Il nostro paese ha recepito la Direttiva RES con il D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28

“Attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”.

La Direttiva 2009/28/CE (RES) impone agli Stati Membri dell’Unione Europea di fare una verifica sul loro mix di approvvigionamento energetico. Nel 2020 dovrà risultare l’impiego di una determinata quota di energia da fonte rinnovabile su scala nazionale.

L’Italia ha ottenuto una deroga, passando dal 20% al 17%. Per noi il famoso 20-20-20 è in realtà un 20-20-17. Spetta ai singoli Stati Membri stabilire le misure necessarie ed opportune per raggiungere questo obiettivo.

Stupisce la scarsa attenzione sinora dedicata a questo decreto dalle conseguenze potenzialmente dirompenti. Tralasciamo qui tutti i commenti che potrebbero essere fatti sulle singole prescrizioni, spesso espresse in maniera assai ambigua (finora non sono riuscito a trarre due volte le stesse conclusioni leggendo questo decreto) e dai contenuti inapplicabili.

Nel seguito ci focalizzeremo su un aspetto specifico di calcolo: come si deve effettuare la verifica del “grado di copertura dei consumi con fonti rinnovabili”? E’ evidente che un limite di legge non è tale se non è specificato un metodo univoco per il calcolo del parametro oggetto di limitazione.

1. I FATTORI DI CONVERSIONE IN ENERGIA PRIMARIA

Il calcolo della prestazione energetica del sistema edificio-impianto comprende i seguenti passi:

  1. calcolo del fabbisogno di energia utile dell’involucro edilizio;
  2. calcolo dell’efficienza degli impianti: si determina la quantità di energia da fornire all’impianto, sotto forma di vettori energetici (combustibili, energia elettrica, radiazione solare, calore da teleriscaldamento) per soddisfare il fabbisogno di energia utile;
  3. conversione dell’energia fornita in energia primaria, cioè energia prelevata dalle fonti energetiche.

L’ultimo passo è necessario perché, per valutare il consumo di fonti energetiche utili per fornire i servizi di climatizzazione dell’edificio, occorre tenere conto di ciò che succede dal punto di prelievo dell’energia alle fonti fino al punto di consegna all’impianto.

L’energia primaria è quella che ci viene fornita dalle “fonti”, cioè energia che non ha ancora subito alcun processo di trasformazione e conversione.

L’energia primaria si divide in due tipologie fondamentali:

  • l’energia primaria rinnovabile (radiazione solare, vento…);
  • l’energia primaria non rinnovabile (combustibili fossili).

Nell’esprimere il quantitativo di energia primaria associato ad ogni kWh consegnato all’ingresso dell’impianto sotto forma di vettori energetici, si può tenere conto (o meno) dei seguenti contributi:

  • energia spesa per il trasporto dalla fonte al punto di consegna (per esempio, nel caso del gas, energia spesa per il pompaggio e dispersioni della rete di trasporto e distribuzione);
  • energia spesa per la costruzione delle infrastrutture di trasporto e delle apparecchiature (costruzione dei gasdotti, costruzione dei pannelli solari termici).

Per questo vi sono fattori di conversione in energia primaria diversi in Germania, nelle norme EN (valori proposti come default) ed in Italia (vedi tabella n. 1).In Germania si utilizza l’energia primaria totale, tenendo conto delle perdite di trasporto. Sono definiti i fattori di conversione in energia primaria totale ed in energia primaria non rinnovabile.

p2041 LS Tabella 1

Tabella n. 1

I combustibili fossili hanno perciò fattore di conversione 1,1. La componente rinnovabile è data dalla differenza fra il fattore di conversione in energia primaria totale ed il fattore di conversione in energia primaria non rinnovabile.
Per i combustibili fossili la frazione rinnovabile è ovviamente nulla mentre nel caso della radiazione solare è nulla la componente non rinnovabile.

L’energia elettrica è prevalentemente di origine non rinnovabile ma contiene anche una componente rinnovabile (idroelettrico, eolico, fotovoltaico…).

Nella norma UNI EN 15603 sono proposti valori di energia primaria totale e di energia primaria non rinnovabile analoghi. I valori sono numericamente diversi (maggiori) perché tengono conto anche dell’energia necessaria alla costruzione delle infrastrutture per il trasporto dei vettori energetici.

In Italia si è sempre tenuto conto in maniera implicita della sola energia primaria non rinnovabile. Il DPR 412/93 attribuiva all’energia elettrica un fattore di conversione pari a 2,78 (ηSEN = 36%), sottintendendo che questo fattore fosse 1,00 per i combustibili fossili e 0,00 per le fonti rinnovabili. A quel tempo erano rari i sistemi utilizzanti vettori energetici diversi.

Più precisamente, in Italia si è ritenuto di attribuire peso 1,0 all’energia di origine fossile disponibile all’impianto: gas al contatore oppure gasolio nella cisterna. Tutti gli altri vettori energetici, vengono pesati sulla base del loro “contenuto specifico” di energia fossile non rinnovabile.

Nella figura n. 1 si rappresenta il significato fisico odierno di tale valutazione, per l’energia elettrica: per ogni kWh di energia elettrica resa disponibile al contatore dell’utente, si devono immettere in centrale 2,17 kWh sotto forma di combustibile fossile (fonte: delibera EEN 03/2008 AEEG). Ciò corrisponde ad un rendimento apparente delle centrali e della rete del 46%. Ciò si giustifica ricordando che non tutta l’energia elettrica è prodotta per via termoelettrica: buona parte proviene da centrali idroelettriche o da nucleare importato dai paesi circostanti. Il fattore di conversione dipende perciò dal mix produttivo dell’energia elettrica consumata localmente e dovrebbe essere dichiarato dall’AEEG sulla base dei dati forniti dal gestore della rete elettrica.

La scelta italiana del riferimento 1,0 per l’energia fossile disponibile all’utenza, trascurando così le perdite di trasporto e di distribuzione dei combustibili fossili, ha il vantaggio della semplicità nei confronti dell’utenza. Poiché i vettori energetici di uso più comune sono proprio i combustibili fossili, l’energia elettrica e la radiazione solare, si rende più agevole il confronto fra l’energia primaria teorica ed i consumi, evitando di avere un ulteriore fattore di conversione.

Per le fonti rinnovabili, con le convenzioni assunte in Italia, il fattore di conversione in energia primaria è ovviamente nullo.

p2041 LS Figura 1

Fig. n. 1 - Concetto italiano di energia primaria

2. SCELTA DEL SISTEMA DI FATTORI DI CONVERSIONE IN ENERGIA PRIMARIA E VERIFICA DEL GRADO DI COPERTURA DEI CONSUMI CON FONTE RINNOVABILE

E’ possibile scegliere quale sistema di fattori di conversione in energia primaria adottare.
Dopo però occorre essere coerenti con questa scelta nell’esprimere i limiti di legge per la prestazione energetica. La scelta del tipo di fattori di conversione in energia primaria, determina anche la modalità di calcolo del “grado di copertura dei consumi con fonti rinnovabili.”

2.1 Verifica del grado di copertura con il metodo dell’energia primaria totale

Con questa scelta, per determinare il grado di copertura con Fonti Rinnovabili, occorre fare l’inventario di tutti i vettori energetici consegnati all’impianto. Si calcolano quindi in sequenza:

  • l’energia primaria totale EPtot, che comprende anche la radiazione solare e gli altri contributi da Fonti Rinnovabili;
  • l’energia primaria rinnovabile EPRINN somma del contenuto di energia primaria rinnovabile di tutti i vettori energetici consegnati;
  • il grado di copertura con fonti rinnovabili FR%, dato da EPRINN/ EPtot.


2.2 Verifica del grado di copertura con il metodo dell’energia primaria non rinnovabile

In questo caso il calcolo si effettua nella seguente maniera:

  • si azzera il contributo delle Fonti Rinnovabili e si calcola l’energia primaria non rinnovabile in assenza di Fonti Rinnovabili EPNR,0;
  • si calcola l’energia primaria non rinnovabile EPNR,RINN in presenza di Fonti Rinnovabili;
  • il grado di copertura con fonti rinnovabili FR% è dato allora da (EPNR,0- EPNR,RINN)/EPNR,0.

Azzerare il contributo delle fonti rinnovabili significa:

  • azzerare il contributo dei pannelli solari termici;
  • azzerare il dato relativo all’insolazione per evidenziare il contributo della radiazione solare al riscaldamento ed all’illuminazione;
  • sostituire alla biomassa un combustibile fossile non rinnovabile;
  • azzerare le portate d’aria in eccesso rispetto ai fabbisogni per valutare il free-cooling.

Questa valutazione appare quella più corretta in quanto individua, non il consumo di fonti rinnovabili (fatto del tutto irrilevante), ma la riduzione di energia primaria non rinnovabile grazie alle fonti rinnovabili.

Un esempio di utilizzo di questi due modi di procedere è mostrato nella tabella n. 2, che riporta il calcolo dettagliato nel caso di una caldaia a combustibile fossile assistita da pannelli solari termici.

p2041 LS Tabella 2

Tabella n. 2

Riteniamo la scelta italiana di riferirsi alla sola energia primaria non rinnovabile, corretta in quanto è quella che evidenzia il vero fine delle valutazioni energetiche: ciò che preoccupa il paese, ciò che impoverisce l’ambiente, la vera ragione della nostra dipendenza energetica dall’estero, è, infatti, il consumo di fonti NON RINNOVABILI. La quantità di energia da fonti rinnovabili utilizzata non ha, in sé, alcuna rilevanza.

In altri termini, questa scelta evidenzia correttamente il fine vero di tutte le azioni per l’aumento dell’efficienza energetica: la riduzione del consumo di fonti non rinnovabili. L’uso di fonti rinnovabili è solo un valido mezzo per ridurre il consumo di fonti non rinnovabili, alla stessa stregua della riduzione dei fabbisogni (coibentazione degli edifici e sfruttamento degli apporti solari) e dell’aumento dei rendimenti degli impianti.

La scelta del mezzo più conveniente dovrebbe essere operata dal progettista sulla base dell’efficacia sotto il profilo dei costi.

A differenza del metodo dell’energia primaria totale, il metodo dell’energia primaria non rinnovabile consente di evidenziare e valorizzare come uso delle fonti rinnovabili anche i contributi della corretta progettazione: sfruttamento degli apporti solari (case passive), dell’illuminazione naturale e del free-cooling/free-heating.

3. MA IL CALORE PRELEVATO DAL TERRENO E DALL’ARIA È “FONTE” RINNOVABILE?

Il decreto riporta le seguenti definizioni, copiate dalla Direttiva RES.

  • a) energia da fonti rinnovabili: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas; 
  • b) energia aerotermica: energia accumulata nell’aria ambiente sotto forma di calore; 
  • c) energia geotermica: energia immagazzinata sotto forma di calore nella crosta terrestre; 
  • d) energia idrotermica: energia immagazzinata nelle acque superficiali sotto forma di calore.

A nostro avviso, le definizioni b), c) e d) sono incomplete: l’energia termica accumulata nell’aria, nell’acqua e nel suolo è “fonte” di energia solo se rispettivamente:

  • ai fini del servizio di riscaldamento, l’aria, l’acqua o il terreno sono a temperatura superiore a quella dell’ambiente da riscaldare;
  • ai fini del servizio di raffrescamento, l’aria, l’acqua ed il terreno sono a temperatura inferiore all’ambiente da cui estrarre calore.

Leggendo in maniera tecnica ed asettica le definizioni della Direttiva RES, cioè ricordandosi del vincolo relativo alle temperature, si dovrebbe arrivare semplicemente alla conclusione che nessuna pompa di calore usa fonti rinnovabili tranne quelle alimentate con energia elettrica o combustibile da fonte rinnovabile.

A nostro avviso, l’energia termica contenuta nel suolo non è “fonte energetica” ma solo “energia gratuita”. Una “fonte energetica” è qualcosa da cui si ricava spontaneamente energia netta:

  • da un pozzo di gas, sacrificando un po’ di gas per il pompaggio e le infrastrutture, si ha a disposizione energia netta da utilizzare;
  • il calore fluisce spontaneamente dal sole al pannello solare termico;
  • il calore fluisce spontaneamente dal sole in casa attraverso le finestre;
  • aprendo la finestra di notte, l’energia viene smaltita spontaneamente all’esterno (free-cooling).

Se invece si ha a disposizione solo l’energia dell’aria esterna a 0 °C, la nostra casa non si riscalderà mai. Occorre la presenza di una pompa di calore e di una vera “fonte” di energia che azioni la pompa di calore.
Questa è una “banale conseguenza” del 2° principio della termodinamica.

Non “si scalda una casa col ghiaccio”: la si può scaldare con una pompa di calore, che è in grado di estrarre il calore anche dal ghiaccio, ma a spese della vera fonte energetica che è quella che fornisce l’energia elettrica per il compressore ed a fronte di un costo energetico minimo stabilito dal 2° principio della termodinamica.

A nostro avviso, il calore prelevato dall’ambiente esterno dalle pompe di calore e dai gruppi frigoriferi, non è “Fonte Rinnovabile”, in quanto non ha alcuna caratteristica di spontaneità, ma più semplicemente “energia gratuita” e, nel modello dell’energia primaria totale, deve avere fattori di conversione tutti nulli. Si elimina in questo modo anche l’iniqua ed ingiustificata disparità fra pompe di calore elettriche e ad assorbimento (le prime sono favorite) nella valutazione con l’energia primaria totale.

Ammesso infine, per un istante, ma assolutamente non concesso, che il calore dell’ambiente esterno sia fonte rinnovabile per riscaldamento, perché allora il “freddo” prelevato dall’ambiente dall’evaporatore di un gruppo frigorifero non è fonte rinnovabile?

Anche quella è energia che entra nel nostro sistema edificio-impianto, esattamente come quella catturata da una pompa di calore. Perché questa differenza di trattamento ingiustificata per fenomeni assolutamente analoghi?

4. LA RAGIONE DELLA CONFUSIONE

Alla luce di quanto sopra forse si può capire perché il “decreto rinnovabili” stia causando tanta confusione.

La famigerata formula dell’energia trasferita dalle pompe di calore da considerarsi energia da fonti rinnovabili (ERES) non è sbagliata, come pensa qualcuno, perché ci si è dimenticati del fattore di conversione in energia primaria dell’energia elettrica al denominatore.

Qualcuno, infatti, ha proposto di correggerla scrivendo:

p2041 LS Formula 1

aggiungendo il rendimento del servizio elettrico nazionale.

La formula del D.Lgs. 3 marzo 2011 n. 28 è invece coerente con l’utilizzo dell’approccio dell’energia primaria totale e deve rimanere così com’è. A nostro avviso rimane errata in quanto l’energia prelevata dal terreno (o dall’aria o dall’acqua) non è “fonte” ma solo energia gratuita trascinata dalla pompa di calore. Se invece quell’energia non fosse gratuita (per esempio una pompa di calore che preleva calore dall’ambiente riscaldato) allora aumenterebbe ancora il costo energetico.

La nostra legislazione in materia di prestazione energetica è invece correttamente incentrata sull’approccio dell’energia primaria non rinnovabile. Il tentativo di correggere questa stortura aggiungendo il rendimento del servizio elettrico nazionale nella formula non risolve il problema alla radice ma crea solo una strana metodologia ibrida e nuovi interrogativi(1).

5. VENGO ANCH’IO, NO TU NO!

Il ritornello che risuona continuamente nelle nostre orecchie è: l’uso di fonti rinnovabili.
Con questa scusa si giustifica qualunque salasso al Cittadino Sovrano, come sta avvenendo con i pannelli fotovoltaici e con i numerosi mulini a vento installati anche in zone poco ventose.

Leggendo il D.Lgs. 28/2011 (che dovrebbe incoraggiare l’uso delle fonti rinnovabili, dopo aver constatato che vengono “promossi” a fonti rinnovabili anche contributi che a nostro avviso non lo sono) sorgono spontanee alcune domande:

  • perché la radiazione solare che entra dalle finestre e contribuisce direttamente al riscaldamento di una casa non viene conteggiata come fonte rinnovabile, mentre la stessa radiazione solare catturata in parte da un pannello e persa per l’impianto di produzione dell’acqua calda sanitaria è invece uso di fonti rinnovabili?
  • perché la ventilazione notturna, quando la temperatura esterna è inferiore alla temperatura interna estiva (free-cooling) non viene considerata uso della fonte rinnovabile “freddo ambiente”?
  • perché l’uso di guide di luce e di opportune superfici vetrate per ridurre i fabbisogni di illuminazione non viene considerata uso di fonte rinnovabile… “per vederci”?

Nella Direttiva 2009/28/CE (RES) vengono addirittura dimenticate le pompe di calore ad assorbimento, reintrodotte in extremis nel decreto italiano.

Che ragione c’è per questa differenza di trattamento così evidente fra le varie categorie di prodotti?

6. LE CONSEGUENZE DELLE PRESCRIZIONI

Se si leggono le varie prescrizioni del Decreto RES, anche tenendo conto di una diversa definizione dei fattori di conversione in energia primaria e dell’uso del metodo dell’energia primaria totale per eseguire la verifica, si arriva alle seguenti conclusioni:

  • nel residenziale civile ed a nord, con bassi fabbisogni per raffrescamento, utilizzando pompe di calore elettriche, la verifica è sempre positiva;
  • con le caldaie sarà impossibile soddisfare i requisiti di copertura dei consumi con fonti rinnovabili, quindi non si installeranno più caldaie nei nuovi edifici;
  • in molti edifici del settore terziario appare impossibile soddisfare i requisiti di copertura dei consumi con fonti rinnovabili;
  • il ricorso ai pannelli solari termici e fotovoltaici è fortemente limitato dall’obbligo dell’integrazione architettonica;
  • se non si possono usare fonti rinnovabili, che servono a ridurre il consumo di fonti non rinnovabili, per “punizione” viene ridotto il limite massimo all’utilizzo di energia primaria non rinnovabile (della serie: sei zoppo? allora corri!); (2)
  • l’unica cosa certa è che occorrerà installare pannelli solari fotovoltaici in quantità massiccia senza aver diritto agli incentivi del conto energia.

La domanda che nasce spontanea è: a partire da giugno 2012, come si faranno a rispettare i requisiti di legge?

7. CONCLUSIONE

L’utilizzo dei soli fattori di conversione in energia primaria non rinnovabile è corretto e dovrebbe essere mantenuto. L’uso dei fattori di conversione in energia primaria totale non porta alcun vantaggio.

Il grado di copertura con fonti rinnovabili non può essere prescrizione di legge in quanto impone arbitrariamente un mezzo, invece di perseguire una finalità.
Tutte le prescrizioni di legge devono fare riferimento ad un unico quadro generale di calcolo e di definizione della terminologia in ambito energetico e non mescolare impropriamente concetti, espressioni e formule di calcolo derivanti da nozioni non omogenee fra loro.

Non è tollerabile che si emettano decreti senza dare alcuna indicazione sulla metodologia da utilizzare per verificare il rispetto dei requisiti di legge.

Il Decreto RES deve essere urgentemente ritirato e/o emendato e/o sostituito nella parte che riguarda le prescrizioni relative all’uso delle Fonti Rinnovabili negli edifici.

Il mondo della termotecnica ha bisogno di certezze e chiarezza. La Direttiva RES ed il relativo decreto sono invece un contributo di primordine all’incertezza ed alla confusione, condizioni nelle quali i consumi energetici e gli sprechi economici prosperano indisturbati in nome del risparmio energetico.


NOTE

(1) La quantità di energia aerotermica, geotermica o idrotermica catturata dalle pompe di calore da considerarsi energia da fonti rinnovabili ai fini del presente decreto legislativo, ERES è calcolata in base alla formula seguente:

p2041 LS Formula 2

dove:
QUSABLE è il calore totale stimato prodotto da pompe di calore che rispondono ai criteri che saranno definiti sulla base degli orien-tamenti stabiliti dalla Commissione ai sensi dell’allegato VII della Direttiva 2009/28/CE, applicato nel seguente modo: ERES sarà preso in considerazione solo per le pompe di calore per le quali SPF > 1,15 • 1/h (cioè quando SPF > 2,875);
SPF è il fattore di rendimento stagionale medio stimato per tali pompe di calore;
η è il rapporto tra la produzione totale lorda di elettricità e il consumo di energia primaria per la produzione di energia e sarà calcolato come media a livello UE sulla base dei dati Eurostat (η = 0,4 attualmente, cioè fp,el = 2,5).

Nel caso di pompe di calore a gas è posto pari a 1 fino alla determinazione di un più appropriato valore, effettuata dal Ministero dello sviluppo economico con apposita circolare al GSE.

(2) Che differenza c’è fra ridurre il consumo di gas per riscaldamento coibentando una casa, aggiungendo vetrate opportunamente disposte per catturare apporti solari, migliorando il rendimento dell’impianto, oppure installando una gran quantità di pannelli solari termici? Ciò che conta realmente è consumare meno gas, qualunque sia il mezzo scelto.
È preferibile una casa male isolata che consuma 8 MWh di gas e 2 MWh di energia solare oppure una casa ben coibentata che consuma solo 4 MWh di gas? La prima ha una copertura del 20% del servizio riscaldamento con fonti rinnovabili ma la seconda consuma la metà del gas della prima, anche se ha una copertura da fonti rinnovabili nulla!
Nel decreto “energie rinnovabili” c’è una prescrizione assurda figlia di questo preconcetto, dell’ignoranza del quadro generale di calcolo e della retorica delle rinnovabili, per cui bisogna necessariamente “punire” chi non può utilizzare fonti rinnovabili: in caso di impossibilità tecnica dell’impiego delle fonti rinnovabili, si riduce la prestazione energetica massima ammissibile secondo la formula:

p2041 LS Formula 3

La riduzione prescritta di EPlim è legata ai rapporti fra copertura dei consumi con fonti rinnovabili (%eff) e potenza degli impianti fotovoltaici installati (Peff) ed i rispettivi minimi obbligatori (%obb e Pobb ). Ciascuno di questi due obblighi, se non ottemperato, deve essere compensato con una riduzione proporzionale che vale fino al 25% della prestazione energetica limite EPlim ordinaria.
Per esempio, il limite alla prestazione energetica per il riscaldamento di una villetta singola in Pianura Padana è di circa 80 kWh/m². Se per qualsiasi motivo non si possono installare pannelli solari termici per coprire il 50% dei consumi per acqua calda sanitaria la prestazione limite scende a 60 kWh/m². E, se per gli stessi motivi (edificio in ombra, per esempio) non si possono installare pannelli fotovoltaici, il limite scende a 40 kWh/m².

 

Pubblicato il: 31/12/2011
Autore: L. Socal