Gli interventi per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici esistenti

Gli interventi per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici esistenti

La diagnosi energetica a risultato garantito assicura la loro massima efficacia.

LA DIAGNOSI ENERGETICA DEGLI EDIFICI: UNO STRUMENTO DI BUONA AMMINISTRAZIONE

Si può affermare che un amministratore di stabili che non ha sul proprio tavolo la diagnosi energetica degli edifici che amministra, non è un buon amministratore.

Si tratta ovviamente di un’affermazione provocatoria, ben sapendo che pochi si avvalgono di questo importante strumento, ma vale la pena di spendere qualche parola per convincere i miei interlocutori dell’utilità della diagnosi energetica nell’amministrazione degli stabili.

CHE COS’È LA DIAGNOSI ENERGETICA

Il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 115 “Attuazione della Direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia”, così definisce la diagnosi energetica: “procedura sistematica volta a fornire un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o di servizi pubblici o privati, ad individuare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici e riferire in merito ai risultati”.

Si tratta di una definizione di carattere generale, applicabile a diverse attività. In questa sede si vogliono approfondire gli aspetti legati alla diagnosi energetica applicata agli edifici ed ai relativi impianti di benessere, con particolare riguardo a quelli di civile abitazione.

Un edificio che consuma troppa energia è un edificio malato. Come la diagnosi medica, la diagnosi energetica degli edifici prevede una serie di analisi sui suoi elementi costitutivi, edili ed impiantistici, per ricavarne i parametri che caratterizzano la loro qualità energetica. Tali parametri sono confrontati con i “valori normali”, ossia con quelli prescritti dalla legislazione vigente per i nuovi edifici che, poiché conformi allo stato dell’arte, rappresentano gli edifici “sani”.

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I parametri più rilevanti sono:

  • a) la trasmittanza degli elementi costruttivi, che definisce il grado di isolamento dell’involucro;
  • b) il rendimento globale degli impianti di climatizzazione, che definisce la loro efficienza;
  • c) il fabbisogno di energia primaria, ossia il consumo di vettori energetici che, in quanto conseguenza delle caratteristiche di cui ai punti a) e b), definisce la prestazione energetica dell’edificio.

Compito del tecnico che esegue la diagnosi è di individuare gli elementi “malati” e di studiarne una cura, che sia “efficace sotto il profilo dei costi”. La cura è “efficace” quando i risparmi ripagano ampiamente i costi dell’intervento, ossia quando il capitale impegnato è remunerato con interessi allettanti.

Il regolamento degli “Operatori Esperti” dell’ANTA (Associazione Nazionale Termotecnici ed Aerotecnici www.antainrete.org) prevede che la diagnosi energetica, a risultato garantito, sia eseguita nel rispetto della seguente procedura:

  1. acquisizione, presso l’amministratore, dei dati e degli elaborati esistenti relativi all’edificio ed agli impianti;
  2. rilievo delle caratteristiche dell’involucro edilizio (dati dimensionali, stratigrafie, ecc.), conferma dell’eventuale documentazione acquisita mediante verifiche in loco ed eventuali verifiche strumentali in caso di dubbi;
  3. rilievo delle caratteristiche degli impianti (schemi funzionali, caratteristiche delle apparecchiature e dei componenti, utili all’esecuzione dei calcoli energetici), conferma dell’eventuale documentazione acquisita mediante verifiche in loco ed eventuali verifiche strumentali in caso di dubbi;
  4. elaborazione della diagnosi energetica e sua validazione con riferimento ai consumi storici. Elaborazione di proposte di interventi e definizione della metodologia di verifica dei risultati conseguibili (metodologia e riferimenti per la firma energetica);
  5. acquisizione delle offerte di massima per la realizzazione degli interventi proposti;
  6. consegna della diagnosi all’amministratore e discussione in assemblea delle proposte di intervento;
  7. elementi qualificanti del documento “diagnosi energetica”.
    Nella diagnosi energetica deve essere riportato in evidenza il capitolo delle raccomandazioni.
    Per ciascuna raccomandazione deve essere riportato:

 

    • la descrizione sintetica di ciascun intervento;
    • il costo di ciascun intervento;
    • il risparmio energetico previsto per ciascun intervento;
    • il raggruppamento in pacchetti di interventi interdipendenti (ad esempio, termoregolazione e contabilizzazione);
    • le priorità di intervento, intese come successione obbligata di interventi propedeutici e conseguenti;
    • la procedura da mettere in atto per attuare gli interventi;
    • le modalità per verificare i risparmi energetici effettivamente conseguiti.

 

Gli interventi devono essere numerati e descritti progressivamente nella sequenza logica di esecuzione.
Le valutazioni economiche delle raccomandazioni esposte nelle diagnosi energetiche devono essere redatte individuando almeno una serie completa di fornitori per la realizzazione degli interventi suggeriti.

L’operatore esperto si rende disponibile a realizzare le raccomandazioni che espone nella diagnosi energetica alle condizioni indicate.

Commento: il documento “diagnosi energetica” deve consentire al committente di valutare gli interventi proposti e prendere una decisione consapevole in merito alla loro convenienza ed efficacia.

L’ordine di esecuzione degli interventi è fondamentale; il risparmio deve essere calcolato in sequenza per ogni intervento, rispetto al fabbisogno dopo l’intervento precedente.

La termoregolazione degli impianti centralizzati, inscindibile dalla contabilizzazione, è il provvedimento preliminare e prioritario che predispone l’edificio a ricevere i successivi interventi di risparmio energetico.

L’intervento di termoregolazione e contabilizzazione del calore comporta già da solo un risparmio, cautelativamente dell’ordine del 20%, dovuto all’utilizzo degli apporti gratuiti (solari ed interni) e all’eliminazione degli sbilanciamenti dell’impianto.

A titolo esemplificativo, il cambio dei serramenti in un appartamento, o l’isolamento del sottotetto, non comportano risparmio, ma solo surriscaldamento dell’appartamento interessato, se l’impianto non è in grado di adattarsi al minore fabbisogno di calore.

E’ quindi importante che il tecnico esecutore della diagnosi fornisca informazioni più dettagliate sugli interventi in grado di ridurre il consumo energetico, proponendo diversi “scenari”, caratterizzati da tempi di ritorno diversi, ma anche da percentuali di risparmio differenti.

Si riporta un esempio riferito ad un condominio con impianto centralizzato.

Il primo “scenario” è caratterizzato da un tempo di ritorno inferiore ai quattro anni, con un risparmio dell’ordine del 50%, mentre il secondo, con tempo di ritorno più lungo, consente di realizzare un risparmio del 75% (1).

In entrambi i casi si tratta tuttavia di investimenti redditizi in grado di migliorare anche il benessere ambientale.

L’ultimo intervento è ovviamente costituito dalla sostituzione del generatore di calore che dovrà essere dimensionato per la potenza residua.

Esempio: 1° scenario

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Esempio: 2° scenario

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NOTA(1) I tempi di ritorno dell’investimento possono variare anche in modo sostanziale secondo il costo che si attribuisce all’investimento di risparmio energetico. Nel caso dell’esempio di cui sopra (2° scenario) è stato evidentemente attribuito al risparmio energetico il costo totale.
Non sempre questo modo di operare è corretto; spesso i serramenti sono sostituiti perché quelli esistenti sono obsoleti o cadenti a pezzi. In questo caso il costo dell’investimento di risparmio energetico dovrebbe essere la differenza fra quello di un serramento avente le caratteristiche di trasmittanza minime di legge e quello di un serramento di caratteristiche energetiche superiori. Analoghe considerazioni si possono fare anche per l’isolamento a cappotto. Raramente si interviene su di un edificio di costruzione recente ed in ottimo stato. Più spesso, gli interventi riguardano edifici ammalorati o con intonaci cadenti, tali da richiedere il loro rifacimento. In tali casi, l’intervento di manutenzione richiederebbe già l’installazione di ponteggi, per cui il costo dell’intervento di risparmio energetico si limita al maggior costo del cappotto, rispetto a quello dell’intonaco.

Gli interventi di risparmio energetico vanno quindi individuati da un tecnico abilitato esperto di diagnosi energetiche e vanno proposti al condominio specificando costi e risparmi ottenibili in modo che l’eventuale delibera sia supportata da tutti gli elementi necessari. L’esecuzione dei lavori richiede un piano temporale che sfrutti il periodo estivo per tutti i lavori impiantistici.

La diagnosi energetica è d’altra parte necessaria anche per la corretta progettazione dell’impianto di contabilizzazione del calore, come raccomandato dalla norma UNI 10200 revisione 2012.

L’esecuzione economica della diagnosi e l’individuazione delle opere migliorative, all’interno di uno scenario sempre più complesso, che comprende, oltre agli impianti tradizionali, impianti innovativi (pompe di calore, geotermia, impianti solari, cogenerazione, biomasse, ecc.), richiede anche strumenti di calcolo adeguati che superino i limiti dei comuni programmi di certificazione energetica.

LA DIAGNOSI ENERGETICA È SEMPRE NECESSARIA?

È comunemente necessaria, se si considerano le prestazioni energetiche medie degli edifici esistenti, ma può essere più o meno urgente e più o meno utile, a seconda dello stato dello specifico edificio.

Per non creare attese, che in qualche raro caso potrebbero essere deluse, è consigliabile effettuare una classificazione preliminare attraverso una valutazione basata sui consumi (UNI EN 15603 “Operational Rating” tabella 3).

Attraverso lo specifico programma “Operational Rating” (scaricabile con il codice della scheda tecnica “La diagnosi e la Certificazione energetica degli edifici” di F. Soma e L. Socal, edita da Edilclima), è possibile verificare in modo molto rapido la classificazione dell’edificio (secondo la scala nazionale) in modo da sapere se e quali margini di miglioramento esistono e quanto sia più o meno urgente intervenire.

Non si tratta di una certificazione energetica, ma solo di una valutazione basata sui consumi: se un edificio fosse scarsamente abitato (per esempio un edificio per vacanze) la classificazione potrebbe essere molto favorevole, in ragione dei bassi consumi. La risposta del programma sarebbe che non è urgente e poco conveniente intervenire (finché lo stato di occupazione rimane invariato) (fig. n. 1).

p2042 FS prestaz Fig1

CONCLUSIONI E SUGGERIMENTI
La diagnosi energetica, se pure utile, non è necessaria. I consumi dell’edificio sono inferiori ai limiti di legge: eventuali opere per una loro ulteriore riduzione potrebbero avere tempi di ritorno non particolarmente brevi.

Fig. n. 1: Esempio di edificio con consumo energetico piuttosto basso

In questo caso una diagnosi energetica accurata sarebbe poco utile per l’inesistenza di interventi di risparmio efficaci.

Nel caso in cui invece i consumi segnalino una classe energetica molto sfavorevole, la raccomandazione sarebbe di intervenire quanto prima, perché gli interventi sarebbero della massima convenienza (fig. n. 2).

p2042 FS prestaz Fig2

CONCLUSIONI E SUGGERIMENTI
La diagnosi energetica è indispensabile ed urgentissima per evitare continui sprechi inaccettabili; i tempi di ritorno di eventuali investimenti di riduzione dei consumi sono certamente brevissimi e molto efficaci sotto il profilo dei costi. Si tratta di un investimento molto conveniente da non rimandare.

Fig. n. 2: Esempio di edificio con consumo energetico molto elevato

LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI: UNO STRUMENTO DI INFORMAZIONE

La certificazione energetica degli edifici, come già detto, ha un duplice scopo:

  • informare l’utente sulle prestazioni energetiche dell’edificio;
  • fargli conoscere le possibili azioni, efficaci sotto il profilo dei costi, in grado di ridurre il consumo di energia primaria, ossia di migliorare le prestazioni energetiche dell’edificio, e sino a quale punto.

Questo secondo scopo è generalmente disatteso perché il certificatore, dati anche i modelli di certificazioni energetiche proposti dalle autorità competenti, si limita ad indicare in modo troppo generico i possibili interventi di risparmio energetico, con costi indicativi, risparmio percentuale atteso e tempi di ritorno dell’investimento (fig. n. 3). Normalmente è omessa qualsiasi indicazione sulle priorità, come se l’utente potesse scegliere a caso, o per simpatia, quale fare subito e quale rimandare alla successiva stagione.

p2042 FS prestaz Fig3

Fig. n. 3: Le “raccomandazioni”, tratte da un attestato di certificazione energetica

Sommando i risparmi percentuali previsti per i vari interventi, si potrebbe arrivare a risparmi che superano il cento per cento. Con riferimento allo scenario n. 2 dell’esempio precedente, la somma dei risparmi percentuali è, infatti, pari al 110%. Il calcolo corretto indica invece un risparmio del 75,8 %.

L’ordine di esecuzione degli interventi è quindi fondamentale ed il risparmio deve essere calcolato in sequenza per ogni intervento, rispetto al consumo dopo l’intervento precedente.

LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA RISPECCHIA SEMPRE I CONSUMI REALI DELL’EDIFICIO?

La certificazione energetica è riferita a condizioni di clima e di uso convenzionali.

I principali parametri di riferimento sono:

  • temperatura ambiente di 20 °C;
  • dati climatici convenzionali, corrispondenti alla stagione tipo per la località considerata;
  • funzionamento continuo degli impianti per 24 ore al giorno;
  • ricambio d’aria medio pari a 0,3 volumi netti ambiente/ora;
  • apporti interni convenzionali corrispondenti ad un valore medio realistico;
  • imposte aperte per 12 ore e chiuse per 12 ore.

Per gli edifici adibiti a civile abitazione, tali parametri sono molto vicini a quelli reali (2) e pertanto la prestazione energetica indicata nella certificazione è sufficientemente rappresentativa del reale consumo di combustibile.

NOTA (2) Questa tesi viene a volte contestata, in particolare per quanto riguarda la differenza fra funzionamento continuo e funzionamento intermittente. Va precisato che un notevole numero di verifiche ha dimostrato che in impianti muniti di compensazione climatica il fabbisogno di energia utile non varia significativamente nei due tipi di funzionamento. Quando l’intermittenza è effettuata periodicamente nelle 24 ore, il fabbisogno di calore utile praticamente non varia in quanto interessa solo pochi centimetri delle pareti interne, che accumulano durante gli orari di emissione del calore e cedono durante l’interruzione (la superficie esterna dell’edificio continua a disperdere durante tutte le 24 ore e nemmeno si accorge se i corpi scaldanti stiano emettendo o meno). L’intermittenza peggiora solo il benessere e la salubrità degli ambienti, perché negli orari di accensione degli impianti, dovendo compensare il calore perso durante i periodi di interruzione, i terminali di emissione funzionano a potenza più elevata, aumentando i moti convettivi interni, che trascinano la polvere atmosferica e che aumentano il coefficiente di scambio superficiale delle pareti disperdenti.

L’obiezione riguarda a volte anche il ricambio d’aria: “C’è chi ha sempre le finestre aperte, e chi non le apre mai!”. Anche quest’obiezione è smentita dalle numerose verifiche sperimentali. Nel condominio composto da almeno 10 appartamenti il ricambio d’aria si attesta sempre, mediamente, nell’intorno di 0,3 volumi/ora. L’apertura prolungata delle finestre da parte di qualche condomino accade qualche volta a fine stagione, quando il ricambio ha un peso energetico limitato. Nei periodi di freddo intenso le finestre rimangono rigorosamente serrate e, in caso di serramenti d’insufficiente tenuta, le giunzioni sono spesso dotate di apposite bande atte a migliorare la tenuta, limitando le apertura ai tempi strettamente necessari ai fini igienici.

Il clima, normalmente ripetibile nelle successive stagioni, in alcuni anni può subire variazioni più importanti; in questo caso se ne può tenere conto, correggendo il dato calcolato in condizioni convenzionali secondo il rapporto dei gradi giorno, per una migliore precisione. Quanto sopra può valere anche per una temperatura ambiente mediamente significativamente diversa dai 20 °C.

Eventuali differenze non sono casuali, ma possono essere predeterminate analizzando le differenze fra i parametri convenzionali ed i parametri di reale funzionamento.

Per destinazioni d’uso diverse dal residenziale il confronto è analogo, ma più complesso, in particolare in relazione al profilo di occupazione ed uso degli stessi.

La certificazione energetica è sempre riferita a condizioni convenzionali per cui, in alcuni casi, non è indicativa delle reali caratteristiche energetiche dell’edificio a cui si riferisce.

Si considerino per esempio due alberghi: uno in città, con occupazione molto prossima al 100% per 365 giorni l’anno, e uno in località di villeggiatura invernale, occupato al 100% solo a Natale e a Pasqua e con occupazione media del 20% nel resto dell’anno.

Le due certificazioni energetiche, essendo riferite convenzionalmente al funzionamento continuo, non differiscono nei due casi.

La differenza potrebbero farla invece le “raccomandazioni”. A prescindere dalle raccomandazioni riguardanti l’involucro o l’impianto, che ben conosciamo, l’albergo in località di vacanza meriterebbe la raccomandazione relativa all’installazione di un sistema di automazione che consenta l’inserimento della climatizzazione nelle sole camere occupate, con risparmi che potrebbero essere anche dell’ordine del 60 o 70%.

A questo proposito, in particolare per edifici del terziario, è importante tenere conto delle possibilità offerte dai BACS (Building Automation Control Systems) di cui alla norma UNI EN 15203.

In altri termini, per soddisfare alle prescrizioni della Direttiva, le “raccomandazioni” non possono essere generiche, perché inutili, ma devono invece essere redatte da un tecnico abilitato esperto e riferite al caso specifico, sulla base di una diagnosi accurata, con assunzione di responsabilità sui risultati.

Ne discende che la certificazione energetica conforme alla Direttiva comprende la diagnosi dell’edificio.

DOPPIO LAVORO?

Se la certificazione deve comprendere la diagnosi, l’impegno si raddoppia? Certamente no. Il 95 % del lavoro è lo stesso: rilievi, analisi dei componenti, input dei dati, non differiscono. La differenza più rilevante fra calcolo di certificazione e calcolo di diagnosi è lo scopo:

  1. scopo delle certificazione è l’informazione all’utente sulle prestazioni energetiche dell’edificio;
  2. scopo della diagnosi è invece l’individuazione delle cause dell’eventuale elevato consumo energetico e l’identificazione delle opere efficaci sotto il profilo dei costi in grado di ridurlo significativamente. I costi ed i risultati conseguibili, in termini di minor consumo, devono essere calcolati, garantiti e verificati.

 Utilizzando programmi professionali, i due calcoli possono essere eseguiti con lo stesso input dei dati, semplicemente differenziando alcuni parametri.

 LA CERTIFICAZIONE SI RIFERISCE ALLA SINGOLA UNITA' IMMOBILIARE, E LA DIAGNOSI?

La certificazione energetica, obbligatoria in caso di compravendita e, ove prescritto, di locazione, si riferisce alla singola unità immobiliare. La diagnosi deve quindi riferirsi all’unità immobiliare?

Negli edifici condominiali, la diagnosi riferita alla singola unità immobiliare, se pure possibile, ha poco senso.

Nel caso di impianto centralizzato la certificazione e la diagnosi energetica non sono realizzabili senza il calcolo eseguito sull’intero edificio. Occorrono infatti i carichi termici ed i rendimenti mensili dell’impianto comune, senza i quali non è possibile calcolare il fabbisogno di energia primaria.

Anche le “raccomandazioni” per la riduzione dei consumi sono in gran parte riferite all’intero edificio: isolamenti termici, sostituzione del generatore, interventi di regolazione automatica, ecc. non possono essere riferite alla singola unità immobiliare.

Anche in caso di impianti unifamiliari a gas, negli edifici di tipo condominiale, molti interventi sono riferiti all’edificio.

IN CASO DI EDIFICIO CONDOMINIALE QUAL È QUINDI LA SOLUZIONE PIÙ CONVENIENTE?

L’amministratore previdente dovrebbe proporre al condominio l’esecuzione da parte di un tecnico esperto della diagnosi energetica dell’edificio, eseguita per somma di zone, prima ancora di avvertirne la necessità.

La diagnosi gli consentirà:

  1. di conoscere lo stato dell’edificio e le opere efficaci sotto il profilo dei costi in grado di ridurre sensibilmente il fabbisogno di energia primaria. E’ opportuno che l’amministratore commissioni al tecnico l’individuazione di più scenari, con tempi di ritorno e risparmi diversi, per una più completa informazione ai condomini;
  2. di programmare con i condomini eventuali lavori di ammodernamento dell’edificio e di riduzione dei consumi; la conoscenza di queste eventuali necessità darà all’amministrazione il tempo e l’opportunità di approfondire i costi e di valutare eventuali possibilità di finanziamento da parte delle regioni o dello stato(3);
  3. la diagnosi energetica contiene tutti gli elementi richiesti dalla nuova norma UNI 10200 revisione 2012 per la progettazione dell’impianto di contabilizzazione del calore;
  4. la diagnosi dell’edificio eseguita per somma di zone consentirà di stampare la certificazione energetica di qualsiasi appartamento del condominio in tempi rapidissimi e di conseguenza a costi molto ridotti rispetto all’esecuzione della singola certificazione per il singolo appartamento. In questa sede, l’auditor, informato delle decisioni dell’assemblea sugli interventi riferiti all’edificio nel suo complesso, potrà suggerire ulteriori “raccomandazioni”, specifiche per ogni appartamento, quali, ove del caso, isolamenti dall’interno, sostituzione di serramenti, ecc.

NOTA (3) A questo proposito, quando si accorgerà il nostro governo che l’istituzione di un fondo rotativo per finanziare al 100% il risparmio energetico costituisce un potente mezzo di ripresa economica, duraturo e a costo zero? Avevo proposto un’addizionale di un centesimo di euro su ogni metro cubo di gas. Se non erro, da allora il prezzo è aumentato di quattro centesimi di euro, ma senza fondo rotativo. I destini del nostro paese non interessano proprio a nessuno? (vedi Progetto 2000 n. 41 a pag. 4).

La certificazione energetica eseguita con le modalità sopra descritte potrebbe fornire all’utente, eventualmente mediante un allegato:

  1. la prestazione EP in condizioni convenzionali;
  2. la prestazione EP reale, eventualmente differente dal dato di cui al punto 1. giustificandola con i parametri reali di funzionamento;
  3. la prestazione garantita raggiungibile qualora fossero realizzate le “raccomandazioni” proposte dal certificatore;
  4. il metodo di verifica delle prestazioni garantite (solitamente firma energetica).

Un allegato che riportasse queste informazioni aumenterebbe enormemente l’utilità della certificazione e soprattutto la sua attendibilità.

Per gli edifici del terziario con profili di utilizzo molto diversi dalle condizioni convenzionali di certificazione sarebbe addirittura necessario, per dare un senso alla certificazione, oltre che per assolvere alle prescrizioni della direttiva.

SUBORDINARE FINANZIAMENTI AL RISULTATO GARANTITO?

Finora, lo sgravio fiscale del 55%, concesso anche senza il rispetto delle regole tecniche necessarie, ha funzionato come una specie di “bancomat” che ha certamente promosso gli interventi sugli edifici, ma senza raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico che gli elevati costi incentivanti avrebbero dovuto assicurare.

Riteniamo che, nella particolare situazione di crisi in cui versa il paese, qualsiasi tipo di incentivo debba essere subordinato ad una diagnosi a risultato garantito e alla corretta successione degli interventi, prevedendo verifiche a campione atte ad assicurare il rispetto delle regole.

Una regola di questo tipo farebbe ordine anche nel settore degli auditors e dei certificatori.

La responsabilità connessa con l’obbligo di fornire una garanzia sui risultati escluderà automaticamente gli incapaci e gli autoreferenti per lasciare spazio a tutti coloro che vorranno impegnarsi seriamente nel proprio lavoro.

CONCLUSIONI

La diagnosi energetica a risultato garantito è alla base di ogni seria iniziativa di risparmio energetico.

La certificazione energetica, come fatta oggi, è inutile e questa inutilità è percepita dagli utenti che, non interessati ai contenuti, mirano solo al prezzo più basso possibile.

Occorre cambiare rotta: la certificazione energetica dovrebbe contenere la diagnosi a risultato garantito e questo documento dovrebbe essere la chiave per l’accesso a qualsiasi tipo di finanziamento, meglio se pari al 100%, attraverso un prestito prelevato da un fondo rotativo, di durata pari al tempo di ritor0

Pubblicato il: 30/06/2012
Autore: F. Soma